Il 2023 è stato un buon anno, nonostante tutto
I 50 migliori dischi internazionali, i migliori dischi italiani, e un commiato
Ciao Louder,
Siamo arrivati alla fine, che in realtà è solo la metà (dell’anno). Ed è il momento di fare ordine nelle uscite discografiche che più mi hanno convinto del fatto che il 2023 sarà da annoverare, alla fine dei conti, come un buon anno. Certo, dobbiamo subire la serie più stupida di dissing della storia musicale, che ora coinvolge J-Ax e Pablo Meneguzzi; o dovremo abdicare per sempre alla speranza di sentire una canzone pop italiana originale (no, esagero, e comunque l’ho già detto la scorsa settimana); e poi abbiamo perso Sinéad O’Connor e con lei un modo di rispecchiarci, come ho avuto modo di scrivere di là.
Però la musica va avanti, non può fare altro in quanto forma d’arte che si può esperire solo mentre scorre. E soltanto la musica scarsa non ha qualcosa di nuovo da dirti, e ti fa venir voglia di rifugiarti nel passato. Non farlo: senti un po’ come suona il presente.
I migliori 50 album internazionali, finora
Wednesday, Rat Saw God - semplicemente il più vasto, energico, emozionante, coinvolgente lavoro di osservazione di un mondo in decadenza, e come se ne esce fuori vivi
JPEGMAFIA & Danny Brown, Scaring The Hoes - due geni inafferrabili del rap alternativo, all’apice creativo (anche imponendosi dei limiti, come quello di campionare tutto alla vecchia, perché Peggy è un fissato)
Anohni and the Johnsons, My Back Was a Bridge For You To Cross - rinnovare il passato per parlare di un presente che fa sempre gli stessi sbagli, enorme nella sua semplicità
Julie Byrne, The Greater Wings - un disco che ti guarda dentro, apre le finestre e cambia l’aria
boygenius, the record - un gruppo che non è minore della somma delle parti, che anzi dimostra come tre stili diversi di introspezione possono parlarti senza confonderti
Home Is Where, the whaler - farsi carico della cattiva fede di una società non per vendetta ma per riscoprire l’umanità
Caroline Polachek, Desire, I Want To Turn Into You - uno studio (con tanto di esempi personali) che dimostra come “sentire” sia solo un’altra forma di “essere”
Kate, NV WOW - purissima, incontrollabile, liberatoria fantasia: il non-sense come risposta a un mondo che non ha senso
Young Fathers, Heavy Heavy - una diaspora al contrario per alleggerirsi dei pesi dell’umanità, dopo averli diligentemente trasportati per il mondo
Fever Ray, Radical Romantics - la più autentica rappresentazione del grottesco sentita in anni recenti, e una redenzione: si può essere abominevoli ma teneri
Kara Jackson, Why Does the Earth Give Us People to Love? - la sorpresa di quest’anno, una voce cantautorale che ti taglia in due
100 gecs, 10,000 gecs - la band che meglio descrive (e sovrascrive su) la mappa genetica delle subculture digitali riesce in realtà a raccontare di uno smarrimento più vasto e lontano
James Holden, Imagine This Is a High Dimensional Space of All Possibilities - autobiografia di un musicista che scopre i rave e se li rifà in casa
Depeche Mode, Memento Mori - forse un canto del cigno, sicuramente il miglior disco dei DM degli ultimi 25 anni: perturbante, blues, non esibizionista
Lana Del Rey, Did you know that there's a tunnel under Ocean Blvd - la nuova dimostrazione della forza di una scrittura che non si stanca di scavare nell’immaginario, la prova migliore di un producer con molta hype (Jack Antonoff) e uno dei migliori singoli del 2023 (A&W)
Snõõper, Super Snõõper - punk storto per un’epoca che vorrebbe riscoprirlo, ma solo dopo una bella ripulita: ma la vita non va come te la programmi, e questo disco lo ribadisce a ogni pezzo, a ogni vaffanculo
Paramore, This Is Why - non vorrei scandalizzare nessun*, ma è il migliore album dei Paramore che sembrano in formissima (beato chi li vedrà prima di Taylor Swift, a San Siro)
Fred Again.. & Brian Eno, Secret Life - un disco per indagare quegli aspetti personali che la musica normalmente ignora, a partire da un sodalizio che ha del rapporto padre-figlio
King Krule, Space Heavy - quando si ritorna, bisogna farlo bene così, senza risparmiarci una lacrima ma senza neppure ripetersi
Angelo De Augustine, Toil and Trouble - il disco di Sufjan Stevens che non avremo mai più, in un contesto ancora più assurdo e pieno di jazz
Everything But The Girl, Fuse - dopo una lunghissima assenza, ritrovarsi ancora pieni di cose da dire non era facile, ma ci sono riusciti e abbiamo ottenuto (di sbieco) un resoconto raro della vita nell’era del Covid
Yo La Tengo, This Stupid World - a fuoco come 30 anni fa, una band da vedere dal vivo prima di morire, se non ne hai avuto la possibilità
Algiers, Shook - stratificato come una società che cerca di sopravvivere alle ingiustizie, arrabbiato come chi quelle ingiustizie le subisce ogni giorno, potente come chi le combatte
Geese, 3D Country - non credere a chi ti vuole vendere l’idea che il meglio del rock sia tutto nel passato, perché qualcuno ancora ricerca e porta avanti nuove idee
Janelle Monáe, The Age of Pleasure - sexy, libero dai concept, pop: Janelle si piglia tutto quello per cui ha lavorato per più di un decennio, e ci regala un disco perfetto per l’estate
E, di seguito, qualcosa più che le menzioni speciali: altri 25 dischi da recuperare in ferie.
Yaeji, With A Hammer
Shame, Food For Worms
Jessie Ware, That! Feels Good!
billy woods & Kenny Segal, Maps
Indigo De Souza, All Of This Will End
bar italia, Tracey Denim
Hannah Jadagu, Aperture
Mandy, Indiana, i've seen a way
Kelela, Raven
Christine And The Queens, PARANOÏA, ANGELS, TRUE LOVE
King Gizzard and the Lizard Wizard, PetroDragonic Apocalypse
Man On Man, Provincetown
Militarie Gun, Life Under The Gun
PJ Harvey, I Inside the Old Year Dying
Blur, The Ballad of Darren
Miss Grit, Follow The Cyborg
Yves Tumor, Praise A Lord Who Chews But Which Does Not Consume; (Or Simply, Hot Between Worlds)
DEBBY FRIDAY, GOOD LUCK
Deerhoof, Miracle-Level
Killer Mike, MICHAEL
Meshell Ndegeocello, The Omnichord Real Book
Blondshell, Blondshell
RAYE, My 21st Century Blues
Feist, Multitudes
Blake Mills, Jelly Road
I migliori dischi italiani, in ordine sparso
Nel 2023 sono usciti dischi importanti (Baustelle) e dischi con hype (Blanco, Madame, Måneskin): non sempre la nomea ha garantito quel che ci si meritava. Prima di lasciarci, quindi, voglio rendere merito a chi, spesso senza troppe aspettative, ha scritto qualcosa di sorprendente. Alcuni sono nomi ben noti (Emidio Clementi, Giovanni Truppi, Maria Antonietta, Francesca Michielin) e altri sono sconosciuti ai più: non a te che mi hai seguito in questi due anni di ascolto.
Daniela Pes, Spira
Colombre, Realismo magico in Adriatico
Denoise, E poi in un momento diverso dagli altri
Emidio Clementi & Corrado Nuccini, Motel Chronicles
Vipra, Musica dal morto
Gregorio Sanchez, Luna di miele, fine del mondo
LOVEGANG126, CRISTI E DIAVOLI
Giovanni Truppi, Infinite possibilità per esseri finiti
Miglio, Futuro splendido
Studio Murena, WadiruM
Lauryyn, Intro
Laurino, Hotel de la ville
I Gini Paoli, Esotica Naturalizada
Rareş, Femmina
Francesca Michielin, Cani sciolti
Maria Antonietta, La tigre assenza
Commiato
Il nostro tempo è finito. Ti ringrazio per aver seguito Pioveranno venerdì. I nomi citati qui sopra sono solo la punta di un iceberg fatto di centinaia e centinaia di dischi e decine di migliaia di tracce che ho ascoltato per questa newsletter. Se vuoi continuare a sapere qualcosa di questi artisti, se vuoi continuare a leggermi, mi trovi nel mio nuovo Substack dove, qualche volta, continuerò a farti l’elenco di cosa è uscito. Ci risentiamo.
Ciao Louder