Le canzoni di Eurovision 2023 secondo Louder: prima parte
Le canzoni in gara nella prima semifinale, che è poi stasera: una guida semiseria
Come sicuramente saprai, stasera comincia Eurovision Song Contest 2023. Fare finta che la competizione canora (non solo) continentale non esista è assolutamente legittimo: cambia canale, o chiudi questa mail. Ma provare a convincere 160 milioni di persone che in realtà Eurovision non è veramente divertente, che siamo vittime di un’allucinazione collettiva, che la qualità sta da un’altra parte, quello non consento di farlo a nessuno. Eurovision Song Contest è la massima celebrazione del pop come collante privo di alcun senso: vuoi capire perché ai concerti di Taylor Swift vanno quindicenni, trentenni e sessantenni? Sbircia Eurovision e andrai vicino alla risposta: non esiste semplicemente nient’altro di simile a un evento musicale con decine di paesi che non si capiscono ma che si appassionano per qualche giorno alle proposte musicali dei propri vicini (o lontani). Insomma, a chi è iscritto a questa newsletter tocca sorbirsi almeno un paio di uscite legate a Eurovision 2023. Puoi usare questi post come una guida alla visione, se ti va. Sappi che non inserirò i video di tutti i brani, e puoi considerarlo un modo implicito per esprimere le mie preferenze.
Il programma dei prossimi giorni (a parte il prossimo episodio di Pioveranno venerdì, in preparazione). Stasera ti parlerò delle 15 canzoni che stasera si battono per un posto in finale, tra un paio di giorni parlerò delle altre 16. E infine parlerò delle canzoni che accedono direttamente in finale e di come sono state le prime due serate.
Sul gruppo Telegram, se vuoi, ho fatto un po’ di preambolo con qualche chicca storica sul luogo in cui questo Eurovision si terrà: la Liverpool Arena. Vai a leggere, ora si parla di musica.
Cominciamo con “un po’ di Italia”, perché Alessandra che canta Queen of Kings per la Norvegia è nata in Liguria. Il pezzo è una zarrata allucinante, e quindi slappa in maniera feroce: pensa alla musica delle giostre, ma nel mondo di Tolkien, con un messaggio femminista e LGBT che all’Eurovision è giusto ribadire sempre. Molto meglio la versione originale in inglese, visto che quella italiana pubblicata qualche settimana fa è costretta a violare le regole degli accenti italiani in una maniera che non si sentiva dai tempi di A chi mi dice dei Blue. Eurovisionworld dice che ha il 3% di probabilità di vincere, che è comunque più di Marco Mengoni. Ma, se i numeri dello streaming non mentono, il podio potrebbe non essere impossibile. Tuttavia penso che manchi un po’ di gioia, mi sembra un pezzo che - per quanto circense - verrà percepito come troppo severo, e alla fine non scalderà al televoto.
I secondi a esibirsi sono i maltesi The Busker la cui canzone Dance (Our Own Party) è squalificata immediatamente, perché dopo Sergey “epic sax guy” Stepanov non vale più avere un sassofono spernacchiante nella tua canzone pop-dance.
La Serbia a Eurovision in genere non scherza un ca**o: l’anno scorso avevano la mitologica Konstrakta, quest’anno arrivano con Samo Mi Se Spava (“Voglio solo dormire”) di Luke Black, che ha dichiarato di aver trovato il coraggio di proporre la canzone proprio dopo aver visto In corpore sano. La canzone peraltro ha un testo parzialmente in inglese: Luke Black ci crede, anche se alla fine chi canta nella sua lingua madre ha la meglio, statisticamente parlando. Insomma, dovremo forse prestare più attenzione al pop serbo? Purtroppo non ha grandi chance di vincere, secondo le quote, ma io faccio un po’ il tifo per lui e il suo pop inquietante. In più, a chi ha visto le prove è piaciuto molto, quindi incrocio le dita per un pezzo che sicuramente crescerà di ascolto in ascolto.
Aijā della band Sudden Lights, che rappresenta la Lettonia, è un altro brano che sembra iniziare dance-pop (strano!) con un break di batteria alla Chemical Brothers, ma poi diventa indie rock. Non fastidioso, anzi, ma si lascia dimenticare velocemente. Però i componenti della band sono super affiatati, si conoscono da quando sono giovanissimi, e - a quanto dice chi ha visto le prove - la loro alchimia si sente sul palco. Quindi potremmo rivederli in finale, molto a sorpresa - a sorpresa perché le quote li danno penultimi.
Ai Coração della portoghese Mimicat è la prima canzone interamente cantata nella lingua madre che sentiremo, ma lo stile è più un ibrido ispano-parigino-Belleville che non portoghese. La canzone non spacca, ma secondo i malati di Eurovision il suo vestito, la sua coreografia e il suo acuto pazzesco potrebbero conquistare molti scettici.
Gli irlandesi Wild Youth hanno avuto i loro grattacapi da prima ancora che partisse la gara, perché sono sbucati una serie di tweet transfobici di un loro collaboratore, che hanno immediatamente allontanato. Tanto per cominciare bene. Detto questo, We Are One è la prima canzone che ti farà dire YAWN, perché ha tutte le cose che hai sentito un miliardo di volte: soliti quattro accordi (I - IV - vi - V per i nerd; o quelli che senti qui per le persone normali); chitarrina arpeggiata riverberata alla The Edge (molto didascalica per un gruppo irlandese); pre-ritornello senza beat; drop con il coro di mille-voci. Insomma, spesso nella newsletter ti ho citato un rinascimento del rock irlandese, ma non è questo il caso.
Oh, finalmente la Croazia ci porta la prima canzone “fuori di testa ma diversa da loro”. I Let 3 sono una band a dir poco leggendaria di Rijeka (Fiume, per chi chiama ancora con i nomi italiani le città istriane): esistono dagli anni Ottanta e fanno rock non-sense, parecchio sovversivo. La loro canzone, Mama ŠČ!, incanala tutta la paura dell’escalation bellica e l’odio per i dittatori dentro una serie di immagini allusive (il trattore, che sarebbe il dono che Lukashenko ha fatto a Putin, e dimostra la subordinazione della Bielorussia alla Russia) e terrificanti ma divertentissimi clash di significato (“armageddon nonna”, ti sfido a non ritrovartelo nell’angolo del cervello domattina). Non si può mai essere troppo politici a Eurovision - anche se, si potrebbe dire, questo stesso fatto è incredibilmente politico - ma questa si farà sentire. Per me è già sul podio del mio cuore.
A questo punto della serata ci sarà una pausa, vai a berti qualcosa, condividi questo post con i tuoi contatti, e torna per le ultime otto canzoni.
Nella regione di San Gallo, in Svizzera, milioni di anni fa le glaciazioni hanno scavato alcune grotte, la cui più celebre nel distretto del Toggenuburgo è la Wildenmannlisloch. Dentro questa piccola caverna, se ascolti con attenzione, potrai sentire riecheggiare il baritono di Remo Forrer, cantante del luogo. E della sua banalissima Watergun non ho altro da dire.
Israele è mediamente molto forte, e Noa Kirel non a caso è abbastanza in alto per i siti di scommesse. Unicorn è un pezzo che ha tutte le carte in regola per funzionare, e proprio questo mi sembra assemblata da un’intelligenza artificiale. Sicuramente gli manca la follia che, se non ti sono bastati i croati, sta per arrivare.
Pasha Parfeni rappresenta la Moldova, e la sua canzone Soarele şi Luna si pone convintamente nel filone etno-techno che tanta fortuna ha portato alle canzoni della vicina Ucraina negli ultimi anni. Dici che è solo questione di flauto? Dici che c’entra il videoclip che sembra uscito dalla testa di Ari Aster dopo una notte al Berghain? Può essere. Sicuramente nel pezzo c’è qualcosa che resta, e in più pare che la sua performance sul palco sia abbastanza ipnotica e narrativa (come i Go_A due anni fa?), quindi per me la finale è scontata.
Quindi è l’ora della vincitrice annunciata, Loreen, con Tattoo. La statistica sarebbe contro la cantante svedese: Loreen aveva già vinto nel 2012, e nell’intera storia di Eurovision Song Contest soltanto una volta si è verificata la vittoria di un ex campione tornato in gara, ed è il caso di Johnny Logan che ha vinto Eurovision per l’Irlanda nell’80, ‘87 e ‘92, e per questo viene chiamato Mr. Eurovision. Ora, Loreen potrebbe tranquillamente diventare Mrs. Eurovision, se diamo retta alle quote. E agli streaming, che la pongono anche davanti a Mengoni (pur provenendo da un mercato molto più piccolo di quello italiano). Però, si sa come vanno queste cose: a nessuno piacciono troppo i vincitori annunciati. In più, il brano tira - per carità - e Loreen è un vero mostro da palcoscenico. Però ci sono un paio di rischi che deve tenere in conto: il primo è che manchi la locura e - come ipotizzo per Queen of Kings - il pezzo venga percepito come troppo epico e serioso; il secondo è che nel mezzo dell’acuto, a Loreen parta una stecca clamorosa come quella del Melodifestivalen (che, per la cronaca, ha vinto ciononostante). Insomma, non scommetterei tutto sulla sua vittoria. Aspettiamo l’ultima canzone per dirlo.
I TuralTuranX sono gli Zero Assoluto dall’Azerbaijan, e come tali non piacciono a nessuno: Tell Me More ha il rap, ha le chitarrine distortine, ha i soliti quattro accordi, ha il messaggio positivo. Non passerà mai.
L’anno scorso la Repubblica Ceca aveva mandato in gara i We Are Domi che sera dopo sera sono diventati tra i miei preferiti. Anche quest’anno portano qualcosa di altrettanto figo e tenebroso: My Sister's Crown delle Vesna, che anche in questo caso cerca una strada etno-techno, ma secondo me meglio del moldavo. Ci sono i cori ancestrali, ci sono i flauti, c’è il ritornellone. Il testo del brano è in inglese, ceco, bulgaro e ucraino, ma non è una paraculata per raccogliere le simpatie degli anti-Putin: la band è stata fondata proprio con principi che diremmo panslavisti, ma soprattutto femministi. Ho sentito che alle prove il pezzo è piaciuto, quindi - per quanto manchino i fuochi d’artificio e il pezzo sia carente in locura - non mi stupirebbe affatto una qualificazione alla finale.
La mia impressione è che i Paesi Bassi non ci credano veramente: non ci credevano nel 2019, quando hanno vinto con una canzone terza per le giurie e seconda al televoto, e poi si sono trovati costretti a organizzare tutta la baracca. E non ci credono stavolta che hanno mandato a Liverpool due fighi incredibili ma si sono dimenticati di mandare la canzone: Mia Nicolai & Dion Cooper e la loro Burning Daylight sono la definizione stessa di middle of the road, e quindi li vedo a metà classifica.
Chiude la prima semifinale l’altra canzone che le quote danno tra le favorite. Sulle orme di Tananai e della sua Tango, il finlandese Käärijä porta in gara una canzone che si intitola come un genere musicale e un tipo di ballo, ma che suona in modo completamente diverso: Cha Cha Cha è folle, forse la prima incursione di una canzone che - almeno nel middle eight - può definirsi quasi hyperpop. Sarà forse per l’autotune? Autotune che peraltro da regolamento non dovrebbe poter usare (non ho capito come si gestiranno, lo scopriremo insieme)? Forse, ma il pezzo pare che stia piacendo a tutti gli addetti ai lavori di Eurovision, che in genere sono molto in sintonia con il gusto del pubblico di Eurovision: spopola nei party organizzati intorno alla manifestazione, tiene botta nello streaming nonostante la sua follia. E poi ha la locura, tanta locura. Credo che abbia ottime chance.
Non mi resta altro da dire che cha cha cha. Buona (euro)visione.