Le canzoni di Eurovision 2023 secondo Louder: seconda parte
Le altre 16 canzoni in gara questa sera, nella seconda semifinale di Eurovision Song Contest
Due post di questa newsletter in un giorno non mi aspettavo di scriverli, ma dal momento che le mie previsioni sulle 15 canzoni della prima semifinale si sono realizzate, son costretto a parlare anche delle 16 canzoni in gara stasera a Liverpool.
Si comincia con un piccolo scandalo: la canzone della Danimarca, Breaking My Heart di Reiley secondo alcuni non avrebbe dovuto partecipare al Melodi Grand Prix (la competizione selezionatrice danese di Eurovision) perché il cantante e influencer delle isole Faroe l’aveva già cantata l’anno prima in Corea del Sud. Suona così familiare per noi abituati ai mezzi scandali sanremesi, sui quali ormai abitualmente viene chiuso un occhio. Così è stato anche per Reiley, che in questo modo ha il privilegio di farci sentire la sua interpretazione di una cosa tutta robotica, talmente skando-pop e intimista che, se al posto di lui ci fosse stato Justin Bieber, sarebbe stata un successo globale. Invece, a malapena supererà le semifinali.
La canzone dell’Armenia, Future Lover di Brunette, è un altro esemplare della categoria “ma guarda che Eurovision è in sintonia con i gusti pop del momento, non sono tutte baracconate”. Musicalmente parlando, sì, però l’artista (all’anagrage Elen Yeremyan) ha il carisma di uno dei pesci della Sirenetta. Versione live action. Dal vivo la vedremo fare capriole, quite literally, e chi ha visto le prove ne parla bane; del resto, stando alle solite quote, le sue chance sono tutt’altro che pessime: io non capisco, e - per citare il poeta Max Collini - “Mi sembrano tutti fuori di testa! Ma dove pensate di andare!?”.
Theodor Andrei, il rappresentante della Romania, ha - per dirla in modo carino - la faccia di uno youtuber: la discografia romena, invece, punta molto su di lui, che nel giro di cinque anni è passato dalle semifinali di The Voice Kids ai bootcamp di X Factor fino al primo album e un premio per la canzone Artist, che come scrittura non sembra granché ma ha una bellissima pianolina Badalamenta. Insomma, è uno che non molla mai: e anche la sua canzone in gara stasera, D.G.T. (Off and On), digrigna i denti e ci prova fino all’ultimo. Anche troppo, ad esempio cambiando due o tre generi in un collage “rock” tra molte virgolette. Gli scommettitori lo danno rigorosamente fuori, invece. E forse hanno ragione.
Alika, con la sua Bridges portata a Liverpool sotto l’elegante bandiera estone, ci guarda intensamente negli occhi e sussurra: “intensità”. Potrebbe anche farcela, in questa semifinale che - l’avrai capito - è sbilanciatissima rispetto alla qualità della prima. Però non è questo che cerchiamo a Eurovision, specie se la tua intensità si basa sul trucco più vecchio del mondo: strofa piano, ritornello forte. Ma ora arriva quel che cerchiamo, tranquillo.
Uno degli argomenti fuffa di cui si parla spesso intorno a (ma soprattutto contro) Eurovision è l’idea che gli artisti in gara ogni anno vengano scongelati apposta per la competizione. Non starò nemmeno a dire quanto spirito colonialista e provinciale ci sia dietro quest’opinione da bianchino (“noi mandiamo le nostre popstar, loro gli avanzi del luna park”). Detto questo, è vero che nonostante il potere mediatico di un evento visto da 160 milioni di persone ogni anno, non tutti gli artisti che rendono lustro alle rispettive discografie nazionali fanno la fila per rappresentare il proprio Paese. Il Belgio ha sicuramente fatto eccezione quando nel 2021 è stato rappresentato dagli Hooverphonic, un nome che - pensaté - riconosciamo anche in Italia! Quest’anno la situazione è un po’ simile, se il nome Hercules & Love Affair ti suona altrettanto familiare: infatti Gustaph ha cantato in una hit indiscussa del progetto elettronico di Andy Butler, Do You Feel The Same? che hai sicuramente ballato anche se magari non la conosci. Ok, non è proprio lo stesso perché il suo nome non era in bella vista, ma se scavi un po’ nella discografia di H&LF troverai almeno altre 5-6 volte il nome di Gustaph, e questo secondo me dovrebbe essere sufficiente per fidarti della sua professionalità. Incidentalmente, la sua canzone Because of You è molto divertente e apparentemente sta crescendo negli ascolti. La sua coreografia tutta duckwalk e spaccate è un omaggio esplicito alla ballroom culture e al vogueing in particolare: insomma, “Liverpool is burning”, e Gustaph non chiede scusa a nessuno. Finale sicura, o Eurovision è diventato omofobo.
Andrew Lambrou è la risposta cipriota a Ultimo: se interessa, “ultimo” in greco antico si dice ἔσχατος, da cui “escatologia”, lo studio della fine (del mondo). Ma Break a Broken Heart non è la fine del mondo. Puoi sentirla qui, prima che tutti se la dimentichino.
L’Islanda non può portare ogni anno Daði Freyr? No eh? La canzone in gara quest’anno è pop genericissimo, intenso ed epico alla maniera della Svezia, con un ritornello che si sveglia e suona la marcia ma troppo tardi. Power di Diljá compie poi un altro peccato capitale: un ritornello a vuoto senza cantato, perché - sai - spinge talmente tanto… Qualificazione seriamente a rischio, per una nazione che ha mancato la finale solamente 7 volte in 34 partecipazioni.
A 16 anni di età Victor Vernicos (che rappresenta la Grecia) è talmente giovane che parlare male della sua canzone sheeraniana What They Say pare quasi bullismo. Però ha le stesse chance di una palla di neve al Pireo, quindi siamo felici per la vacanza in Inghilterra che si è fatto e passiamo oltre.
Blanka è la risposta polacca a Baby K? Forse, non so abbastanza di pop polacco. Ma so che la sua canzone Solo è destinata a finire in finale non per i voti degli eterosessuali, ma per quelli che con lo spirito di tutte le mamme diranno “ma è simpatica” e balleranno il dom-do-ro-dam-dam-dam del ritornello più ritornello di tutto Eurovision 2023.
Non basta una citazione dei Blur (il coretto “uh uh uh” di Girls & Boys, se te lo stai chiedendo) ad assolvere gli sloveni Joker Out da tutti i loro peccati. Ma qualche canzone andrà pur salvata da questa semifinale. Carpe Diem è un minestrone di cose pop-rock, brit-pop, funk-rock tutte moderatamente cool, Ma, come per tutte le cose assemblate, il risultato finale è abbastanza mostruoso. Ci starà simpatica fino alla fine di Eurovision, e da lunedì finirà nello stesso cassetto del cervello dove abbiamo nascosto le nostre Smemoranda.
La Georgia porta una canzone intitolata Echo, e sai come si sente bene l’eco? URLANDO. Fortunatamente hanno mandato un’urlona di nome Iru. Passiamo oltre.
Non useremo Eurovision per regolare i conti con quel che non ci è piaciuto di “Una voce per San Marino”, quindi prendiamo la selezione fatta, cioè Like An Animal dei Piqued Jacks, e non parliamo di chi non ce l’ha fatta. Anche perché la canzone è tutt’altro che brutta. Però San Marino non attizza i grandi elettori del televoto: ricordiamoci che il mammamiasicurochevince Achille Lauro è stato eliminato, l’anno scorso. E questo pezzo non fa niente per farsi volere bene al cuore pulsante del pubblico eurovisivo.
Scrivete sulla mia tomba questo: se non dovesse vincere la canzone finlandese Cha cha cha, dovrebbero vincere Teya e Salena, che rappresentano l’Austria con Who the Hell Is Edgar?, una canzone forse troppo intelligente per noi comuni mortali. Nel testo e nel beat il brano è infarcito di riferimenti e allusioni al pop: “o mio padre” per “mamma mia”; il firu-firu del ritornello preso di peso da New Rules di Dua Lipa; il “ghost” che è anche “writer”. Potremmo andare avanti, ma la cosa che più ci importa qui è il MESSAGGIO: la canzone è una presa per il culo impietosa del modo in cui funziona la discografia, sciovinista e sessista, ignorante di tutto ciò che non è established, e soprattutto - con lo zampino di Spotify - spilorcia fino al midollo. Non vinceranno, ma se vincono… Finale comunque sicura per questo duo estemporaneo che vorrei tanto vedere in tour in Italia.
Duje di Albina & Familja Kelmendi dall’Albania è la canzone più goffa di questo Eurovision: parte con un vibratone balcanico; poi arriva il beat, che si ferma un attimo per farci sentire un pre-chorus che fa il contrario esatto di ciò per cui viene pagato (far salire la voglia di ritornello); quindi riparte il beat, ma il ritornello è moscio; ma aspetta, c’è un break strumentale turcomanno. Non mi stupisce che sia data per esclusa di certo.
Monika Linkytė ha un pezzo da Taylor Swift lituana, che a metà canzone si ricorda di essere invece Ellie Goulding. Anche Stay è piuttosto goffa. Ma lei ha una bella voce.
Vogliamo dire che l’Australia ha capito lo spirito di Eurovision più di tanti paesi che partecipano da 40 anni? I Voyager portano un pezzo che è il contrario di understatement, cioè mostrando quel carattere che è il contrario esatto di ciò che l’inglese medio considera appropriato (ed è per questo che li invidiano, mica il sole). Promise ha buone chance di andare avanti, e se vincesse non mi lamenterei di un Eurovision in Australia. Tanto mica mi ci mandano.
Buon Eurovision, Louder.