Louder
Pioveranno venerdì
Pioveranno venerdì #2 - 17/23 settembre 2022
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Pioveranno venerdì #2 - 17/23 settembre 2022

I musicisti sono solo dei critici musicali falliti?
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Ciao Louder, benvenutə al secondo episodio di Pioveranno venerdì. Mentre vai a sentire le nostre playlist con le novità discografiche su Spotify e Apple Music ti anticipo che oggi parleremo di autunno; band bergamasche; testi che si capiscono anche se non si capiscono.

Ma prima ti racconto una storia. Una settimana fa, quello che il New York Times ha definito l’unico critico musicale rilevante se hai meno di 25 anni, cioè Anthony Fantano, ha ricevuto un DM da Drake nel quale quest’ultimo lo insultava e dava un voto alla sua esistenza, un “light to decent 1”, riprendendo il metro di valutazione del critico americano. Fantano ha un canale YouTube abbastanza famoso, theneedledrop, nel quale da più di dieci anni pubblica recensioni di dischi: quelle dei dischi di Drake sono state spesso negative, e tra questo e qualche meme su di lui, il rapper canadese non ci ha visto più e ha reagito (male) così. Peraltro, i messaggi privati sono stati resi pubblici da Drake stesso e questo mi ha ricordato di quando Halsey, un paio di anni fa, si augurò che “lo scantinato” dove ha sede Pitchfork crollasse su sé stesso, in un tweet scritto dopo una recensione negativa del suo album Manic (tweet poi cancellato, perché le hanno detto che Pitchfork ha sede nel World Trade Center e sembrava una cosa di cattivo gusto). Questi aneddoti non li racconto tanto per condannare gli artisti che si arrabbiano per le recensioni negative e involontariamente aizzano il loro pubblico contro i critici (anche se, sia chiaro, non andrebbe fatto): il punto è che la critica musicale fa ancora incazzare gli artisti nonostante sia quasi scomparsa dall’orizzonte mediatico contemporaneo. Tu quanti critici conosci? Ecco, ma allora perché gli artisti si incazzano? Perché i musicisti sono solo dei critici musicali falliti, diceva un mio amico. Direi di no, ma sicuramente la critica, di qualsiasi arte, vive in uno spazio ambiguo: perché è una disciplina molto diversa dall’arte che recensisce, ma si rivolge allo stesso pubblico (in questo caso, gli ascoltatori di musica). Il problema sorge quando l’artista si immedesima troppo nel ruolo di ascoltatore e poco in quello di artista, quando le opinioni su di lui o su di lei pesano più di quelle di un suo collega e del suo ambiente (immaginate quanti collaboratori di Drake, non solo SMM, gli avranno detto di non scrivere a Fantano). A me fa venire in mente quei leader populisti, che possono governare le masse a piacimento eppure allo stesso tempo sono ossessionati dal giudizio di quelle masse, e lo temono. Questo, ma non con le masse, con i critici, che nessuno ascolta più: perché in un mercato dove nulla ha valore e tutto è aria, l’unico bene in commercio sono le opinioni. E così, un artista, che possiede ville, macchine, che avrebbe tanti successi di cui fregiarsi, non desidera altro che un portafoglio gonfio di opinioni positive. Nelle playlist di questa settimana, invece, ci sono tanti artisti che ascoltano poco le critiche e dedicano molto tempo a perfezionare la propria arte.

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NEWS

Un paio di altre notizie di questa settimana non legate a concerti (di quelle parleremo lunedì). Marco Mengoni ha annunciato la tracklist del suo album Materia (Pelle) in uscita il 7 ottobre, e tra gli ospiti ci sono La Rappresentante di Lista e Samuele Bersani, olé.
Mariah Carey ha dichiarato di aver ritrovato il disco alternative rock che aveva registrato nel 1995 e di cui aveva parlato nella sua autobiografia. Il disco era uscito con la voce reincisa da una sua amica, ma ora sono sbucate le tracce originali. Speriamo lo faccia uscire sotto Natale, per confondere le acque. 
E poi è uscito il trailer del film sulla vita di Whitney Houston, e fa rabbrividire. “Dallo stesso autore di Bohemian Rhapsody”, dice il trailer, come se fosse un bonus. E ora, le uscite di questa settimana.

Verdena, Volevo Magia

Cominciamo da una band che dell’opinione altrui non ha mai dato l’impressione di fregarsene molto. Il nuovo disco dei Verdena, Volevo magia è una collezione di tracce non così eterogenee tra loro, se pensate agli ultimi due album (Wow ed Enkadenz voll. 1 e 2). Qui c’è un’attenzione ai suoni croccanti e grossi, c’è tanto stoner rock. Ma ogni brano è un microcosmo con mille piccoli spunti e influenze: anzi, ascoltando un pezzo dei Verdena si capisce bene cosa sia una band e come funzioni, perché puoi sentire come le varie parti di ciascuna canzone emergano dal confronto, dall’intuizione, dalla risposta, tutto fatto in dialogo. Le loro canzoni non sono il frutto di un singolo geniale autore, che come un demiurgo crea dal nulla la canzone. Si sente il lavoro, si sente lo studio nei timbri delle chitarre, nelle ritmiche dei riff e come giocano con basso e batteria. Anche per questo sono stato un po’ stupito dalla prima traccia e primo singolo (probabilmente scelto a caso), Chaise Longue, che al contrario dà l’impressione di essere stato assemblato da qualcuno che non voleva prendere decisioni definitive, con suoni, dinamiche, ritmi che durano due battute e poi non compaiono più. E se è vero che alcune tracce di Volevo magia hanno quasi dei movimenti (Paladini, la title track) e anche quasi tutte le canzoni hanno almeno una coda a parte, la prima traccia pare proprio casuale, e il disco in generale funziona meglio dove c’è più coesione (di nuovo, immagino frutto di grande lavoro). I pezzi più dritti, come Crystal Ball e Cielo Super Acceso, sono infatti i miei preferiti. Ho incluso quest’ultima perché ha quella batteria che va avanti come un treno maledetto, come un motorik del krautrock ma con i colpi e le cadenze del punk hardcore, e lo trovo geniale. Bentornati.

Edda, Illusion

Edda ha pubblicato un nuovo album, Illusion, prodotto da Gianni Maroccolo, noto tra le altre cose come bassista di Litfiba, CCCP, CSI, oltre che per la carriera solista e da produttore. Ma stiamo parlando di Stefano Edda Rampoldi, già voce dei Ritmo Tribale, al suo sesto disco di una carriera solista iniziata nel 2009 e che è semplicemente unica nella canzone contemporanea. Se vogliamo parlare dell’unicità di Illusion, ti invito a trovare un altro disco in circolazione che abbia espressioni come “florinda fatagione” (Mio capitano) e “pastrugnà” (L’ignoranza), che faccia rimare “ingranaggio” e “disagio” (Signorina Buonasera) "assassino" e "asino" (Mirai). Ma non è per la stranezza che adoriamo Edda. La sua musica svela crudeltà e paradossi dell’uomo, ribalta i suoi punti di vista con una tenerezza inquietante, come se volesse mostrarci il ventre del dolore per renderlo meno serio, meno grave. Questo si nota quando Edda parla di sesso - ed è uno dei pochi a farlo in modo non sanificato né inutilmente epico, in Italia: nei suoi testi più erotici c’è un’innocenza naif, ci sono le sensazioni che si prova da ragazzini alle prime armi con il proprio corpo, o con il corpo di un’altra persone, quel senso di indecisione e timore ma anche di voglia incontrollabile. Ogni canzone è un’illusione, nel senso della visione fantastica che sembra reale, ma anche dell’essere illusi, il contrario di disillusione, delusione: Edda cavalca meglio di tutti quest’altalena tra magia e distruzione. Ogni suo disco è un dono.

Alex G, God Save The Animals

Il nono disco di Alex Giannascoli, in arte Alex G, è il suo primo in studio, a rigore. Nel senso che gli album precedenti erano stati registrati totalmente o in gran parte in casa. La differenza si sente: God Save The Animals suona benissimo, nonostante Alex G non rinunci al suo stile eccentrico, folk rock da cameretta con loop malati e strane distorsioni sulla voce. Il cantautore americano non rinuncia nemmeno al suo approccio lirico pop surreale, quasi mai letterale. Eppure, per quanto i suoi non siano testi giornalistici (prendo in prestito la definizione di una vecchia band italiana), non cadono nemmeno nel tranello del puro simbolismo, tantomeno nel luogo comune (che invece, guarda caso, è la norma del giornalismo in Italia e di certo pop fatto male). Ti puoi chiedere il significato spirituale di un brano parli di Gesù come di un avvocato (la bellissima S.D.O.S.), ma non c’è gusto: il bello è rileggere il quotidiano in modo assurdo, farlo volare altissimo. In Ain’t It Easy c’è la rima “season premiere, I have no more fear”, che descrive qualcosa di incredibilmente semplice e comune come stare a casa con il proprio o la propria partner e guardare una nuova serie tv; e poco dopo, in Immunity, sentiamo “I have to put the cocaine in the vaccine”: Alex G ci sta dicendo che il vissuto e il quotidiano possono esplodere, ma bisogna trovare la miccia. Ho inserito Mission in playlist, ma il disco va ascoltato tutto.

Maya Hawke, Moss

Oggi è uscito Moss, il secondo album di Maya Hawke quella che sembra sia figlia di Ethan Hawke e Uma Thurman, perché la è: stiamo parlando ovviamente dell’attrice di Stranger Things. Peraltro la scorsa settimana era uscito il disco di Djo, il nome d’arte di Joe Keery che interpreta Steve Harrington, e se ne parla bene, ma devo ammettere che l’ho saltato: recupererò. Intanto, ti dico che questo è un classico album indie folk cantato con voce fumosa, sono canzoni in maglione e pantaloni della felpa, molto autunnale, ma non annoia. Ci sono alcuni colpi di genio nella scrittura, come in Driver dove Hawke racconta di quando ha visto baciare i suoi genitori e ci è rimasta male, perché certe cose le accettava solo nei film - aneddoto probabilmente inventato, e questo me lo fa piacere ancora di più. Oppure in Luna Moth, quando a un certo punto ti chiedi se la storia di questa farfalla spiaccicata sia narrata da un gatto, anziché da una persona. O Mermaid Bar, che chiude il disco con la storia di una ragazza che sopravvive a un salto da un ponte. Ci sono tracce da skippare, di sicuro, ma per quanto io detesti il nepotismo, mi sento di consigliarlo.

Editors, EBM

EBM è il primo disco degli Editors da quando il produttore e compositore Benjamin John Powell, noto anche come Blanck Mass (e metà dei Fuck Buttons), è entrato a tutti gli effetti della band. La notizia di questo ingresso sembrava promettente: Violence, l’album precedente, aveva ricevuto recensioni positive e aveva portato la band in tour per il mondo; e Powell in quel lavoro aveva messo mano, e poi di nuovo con le Blanck Mass Sessions, ma ancora si sentiva l’ancoraggio dei lavori precedenti. Questo ingresso preannunciava un cambio di approccio radicale, e per questo mi sembrava una buona notizia: è incoraggiante (ed estremamente raro) vedere band attive da 20 anni che si rinnovano. Poi però i singoli usciti fino a oggi non mi avevano tanto convinto. E ascoltando il disco resto perplesso: ci sono pezzi che suonano prima come i Nine Inch Nails e poi come i Muse; ci sono pezzi che sembrano i Depeche Mode sotto anfetamina che provano a fare house. Soprattutto manca la spigolosità di Blanck Mass, tutto suona troppo preciso. Ci sono canzoni come Strawberry Lemonade ed Educate che funzionano, ma forse merita un secondo ascolto. O forse la fusione non è ancora completa, se mai la sarà.

Gli altri album

È uscito Hyper-Dimensional Expansion Beam dei The Comet Is Coming, che è oscuro, cosmico, ossessivo: mi ha ricordato gli Zu, per il modo in cui alcuni pezzi (Mystik) mostrano una matrice metal, ma su questa sottospecie di jazz non ho abbastanza punti di riferimento e ti rimando a persone più esperte. Sicuramente vale la pena perdercisi, lasciar scorrere i 3 minuti e mezzo di feedback sabbathiani di Angel of Darkness e poi finire nel suo groove. In playlist ho inserito un pezzo che invece si muove zoppo come certe canzoni dei Radiohead, e non me ne pento.

Dopo diversi singoli di cui siamo stati ghiotti è arrivato Weather Alive, il nuovo disco di Beth Orton. Ed ecco un altro disco autunnale, con canzoni in trench sotto la pioggerella, con la nebbia alla finestra e una tazza di tè in mano. Ci sono canzoni come Haunted Satellite intrise di una bella malinconia inglese, ma il disco è inferiore ai singoli che lo hanno anticipato.

A proposito di autunno, è uscito il primo di quattro EP che gli Weezer dedicheranno alle stagioni. SZNZ: Autumn è abbastanza un disastro, le canzoni sembrano jam da studio, piene di spunti lasciati lì, con idee musicali che vengono proposte e poi finiscono nel nulla, cambi di registro, di argomento, e inserimenti di citazioni musicali a caso (come se in studio qualcuno avesse detto “perché qui non mettiamo un pezzo come…” e poi si sono dimenticati di toglierlo). Però almeno è un esperimento, e la canzone il cui titolo si tradurrebbe “mi eccito con il dolore” ha una bella melodia alla Weezer.

Se Beth Orton ti ha lasciato intorpidito e se gli Weezer ti hanno confuso, ti lancio una secchiata gelida in testa con i canadesi KEN mode e il loro album NULL: è metal, abbastanza feroce e molto rumoroso, e c’è un sassofono che fa quasi più casino della chitarra (secondo rimando agli Zu di oggi). Disco consigliato per quando ti verrà voglia di spaccare qualcosa. Magari domenica sera.

Cito anche l’emergente Samuele Proto, cantautore fiorentino che ha pubblicato un disco intitolato Proiezioni di cui abbiamo inserito qualcosa nelle scorse playlist. È cantato bene, a tratti è troppo pulito, e si sente l’influenza di Bill Withers nel suo soul un po’ soft rock che non alza la voce, ma il disco ha i suoi momenti, e si permette anche di mettere un intermezzo strumentale. Quanti possono dire lo stesso oggi in Italia?

Sono usciti anche un album di Mark Owen, quello dei Take That, e dei 5 Seconds of Summer, ma non ho fatto in tempo ad ascoltarli, mi perdonerete.

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I singoli

C’è un altro singolo dall’album di Björk, si intitola Ancestress e parla della morte della madre. Dobbiamo abituarci alle release dei dischi fatte così, con un singolo alla settimana e subito dopo l’album? Non so, forse è geniale.

Poi i 1975 hanno pubblicato un altro singolo dall’album Being Funny in a Foreign Language e questa volta è una specie di soul alla John Lennon, e insomma dobbiamo aspettarci un altro disco dove la band inglese va da tutte le parti. Detto questo, la canzone è deliziosa.

L’artista precedentemente noto come thasupreme, ora thasup, ha pubblicato okk@pp@, secondo singolo dal prossimo album che non mi azzardo nemmeno a scrivere ma si legge “carattere speciale”. Ha un bellissimo organetto elettrico funky, un po’ Stevie Wonder. Gliene sono gr@to.

A proposito di artisti che cambiano, il rapper Quadeca ha pubblicato un pezzo intitolato Born Yesterday che suona come un pezzo indie folk-tronica di 10 anni fa e che cita For No One dei Beatles (“you want her, you need her and yet you don’t believe her”). Lo menziono perché è un bel pezzo, perché Quadeca potrebbe essere il nuovo Joji, e perché è così che si fanno le “interpolazioni” o le citazioni.

Poi c’è TORINO di GINEVRA, la quale tra qualche settimana pubblicherà un album intitolato DIAMANTI. La canzone ha la solita produzione solida e interessante di Francesco Fugazza e Suorcristona. Sarà il titolo, che è la città di origine della cantautrice, ma sembra un pezzo che potresti ascoltare quando torni in autobus dal Club2Club, quando ormai è già mattino. Bello.

In quota “strappalacrime” citiamo Lucky Girl di Thony, primo singolo della cantautrice per 42 Records, se ami questo genere di delicatezza che ti sbudella; invece, se sei una persona tutta nostalgia, merendine e pentatoniche, ti segnalo Ricordi dei Pinguini Tattici Nucleari, che sono la band della provincia di Bergamo di cui è meno interessante parlare, oggi. Anche perché il pezzo presenta cliché melodici già sentiti in Giovani Wannabe e Scooby Doo e tanti altri pezzi di Riccardo Zanotti, quindi letteralmente non c’è molto da dire.

Segnalo NASKA che prova a uscire dalla bolla di Twitch cantando una canzone firmata da un autore di grande intuito e di successo, cioè Andrea Bonomo, che solo negli ultimi anni ha contribuito alla scrittura di Voglio di Marco Mengoni, Sincero di Bugo e Morgan, Dove si balla di Dargen D’Amico. Risultato? Nonostante l’alta posta in gioco della canzone (“O mi ami, o mi uccidi”), è un po’ meh.

Per la categoria “potresti ricordarti di me per…”, se hai ascoltato BOTOX di Night Skinny, tra le duemila voci presenti c’era anice, che ha pubblicato un nuovo singolo intitolato supernova: non male, soprattutto il tempismo di Island Records.
Sempre in questa categoria, c’è Natalia Lafourcade, che ti ricorderai per Hasta la Raíz - e sbaglieresti perché i due album del progetto Musas sul folk latinoamericano sono stu-pen-di: comunque, la cantautrice messicana ha pubblicato la prima traccia di un nuovo progetto, De Todas las Flores, che è il titolo della canzone e del disco, ed è una fontana che si apre nel petto.
Altro nome che forse ti fa venire in mente qualcosa è Billy Corgan che, a proposito di fare cassa, ha tirato fuori un nuovo singolo degli Smashing Pumpkins, Beguiled, dall’album ATUM che Billy ha presentato come “il seguito di Mellon Collie e di Machina”. Non sappiamo cosa significhi esattamente “il seguito di un album” perché non ho ascoltato il podcast nel quale Billy spiegherà passo per passo questo progetto (e non intendo farlo). Però ATUM mi fa venire in mente la parola spagnola per “tonno”, che probabilmente è l’opinione che Corgan ha dei fan nostalgici degli anni ‘90 - e il bello è che ha ragione! Il pezzo comunque è banalotto ma decente.

A proposito di primi singoli, è uscita la prima traccia del futuro quarto album di Sam Smith, Unholy, con Kim Petras: ci piace. E ci piace anche il pezzo punk hardcore di Poppy, FYB, una delle poche che ha capito come fare i “revival” pop della musica pesa.

Ci piace moltissimo Say It Now della texana Hannah Jadagu, un pezzo con la voce che viene dalla camera di fianco e il basso di Tame Impala nelle ganasce. A proposito di basso, in modo irrituale segnalo qui Ali, l’album di Vieux Farka Touré con i Khruangbin e lo cito qui perché Leezy (la bassista della band americana, peraltro texani anche loro) fa un lavoro enorme di groove e di toni. Rimanendo in tema “basso”, c’è un nuovo pezzo dei Red Hot Chili Peppers che si intitola Eddie, con una linea di Flea di quelle che da ragazzino avrei bevuto a garganella.

Sono uscite alcune “sigle”, chiamiamole così: Star Walkin’ di Lil Nas X per League of Legends, ed è incredibile come non sia brutta nonostante le premesse; e poi The World Is Yours To Take dei Tears for Fears con Lil Baby, inno dei prossimi Mondiali di calcio in Qatar. Mi soffermo su questa per dire che iniziare una canzone con il verso “Sono di gran lunga una delle persone che lavora più duro” per introdurre quei mondiali per i quali sarebbero morti seimila operai immigrati che hanno costruito gli stadi in Qatar non mi sembra il massimo. La canzone di fatto è un remix di Everybody Wants To Rule The World, quindi finisce nel cestone “canzoni che sono cover ma non vogliono ammetterlo”. Non finisce invece nella nostra playlist, come altre canzoni popolari e chiacchierate che ti invito a indovinare nei commenti del canale Telegram o della newsletter.

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Osservatorio “cover che lo sono davvero”: Nilüfer Yanya, che a marzo ha pubblicato un album bellissimo, ha fatto una cover di Rid of Me di PJ Harvey. Ma in generale è un venerdì pieno di cover: ci sono le Wet Leg che fanno un pezzo dal mixtape di Ashnikko (che avevamo segnalato ai tempi) e si ascolta in esclusiva su Spotify; c’è Stevie Nicks che rifà i Buffalo Springfield, e poi una cover dei Kinks e una dei Bauhaus. Le metto insieme, così le trovate tutte.

Alla fine della playlist, lo sapete, si balla: in particolare segnalo KILL DEM di Jamie xx, che campiona Limb By Limb di Cutty Ranks, canzone che incidentalmente era stata campionata da Elio e Le Storie Tese nel 1996 nel leggendario brano Lo Stato A, Lo Stato B, quindi potete capire che un vecchio eliomane come me si è pisciato sotto dal ridere; c’è anche una nuova traccia di Floating Points, intitolata Problems. E a proposito di Floating Points, che fece un meraviglioso album con orchestra, in fondo alla playlist troverete un’orchestra che accompagna il rapper Danny Brown: il progetto si chiama isomonstrosity, è molto più complesso di come l’ho raccontato e sono sicuro che ne riparleremo.

Musica da leggere

Vuoi prepararti spiritualmente all’uscita di FOSSORA di Björk, la prossima settimana? Vai a leggere l’intervista lunga che le ha fatto Pitchfork: sono andati a trovarla in Islanda e sentirla è il modo migliore per accogliere le vibrazioni positive di questa nuova era “fungina” (capirai). E perché a volte è così che si capiscono gli artisti: non con il vocabolario da una parte e i testi dall’altra, non con la pagina Wikipedia aperta, ma solo con qualche minuto di empatia. E quasi tutti i dischi consigliati oggi, guarda il caso, andrebbero sentiti così. Buon ascolto!

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Louder
Pioveranno venerdì
Ogni settimana parliamo delle nuove uscite e ti dico cosa ascoltare e perché