Louder
Sanremo per chi non ha sbatti
Sabato 11 febbraio 2023: è più facile immaginare la fine del mondo che la fine di Sanremo
0:00
-20:33

Sabato 11 febbraio 2023: è più facile immaginare la fine del mondo che la fine di Sanremo

Di cover belle e cover brutte, medley da vietare, e il ruolo delle fanbase
Nino D'Angelo e la cover dei Beatles: quando Let It Be diventò Gesù Crì
Mengoni, cantaci questa

Ciao Louder,

Ti è piaciuta la serata di ieri? A me molto, ma solo dopo la metà. Intanto, perché i medley sono il male assoluto e dovrebbero vietarli per legge, ma proprio in generale: servono agli artisti che si sono rotti delle loro hit ma devono accontentare il pubblico pagante ai concerti. Sono un’automarchetta, a prescindere, pubblicizzano qualcosa che non viene promesso, uno specchietto per le allodole: se veramente ti piace una canzone, perché dovresti essere contento di poterne cantare solo un pezzetto? Ah perché conosci solo il ritornello? Va bene, allora davvero siamo al karaoke (e ci torneremo, aspetta un attimo).

Coma_Cose + Baustelle, Sarà perché ti amo

Ieri avevo immaginato una versione scura e chansonnier del classico dei Ricchi e Poveri, un lavoro di negazione del mood della canzone originale, che quindi strizza l’occhio principalmente agli ironici, quelli che ascoltano ma non amano, che assaggiano ma non ingoiano. Onestamente, se l’idea fosse stata questa, non mi avrebbe esaltato. E invece sono stato smentito: i Coma_Cose hanno arrangiato, nel senso che hanno preso una melodia e un giro d’accordi indubbiamente irresistibili, e hanno dimostrato che si può conservare quella forza anche inserendola in un’altra cornice musicale, senza ironia ma nemmeno calandosi fino in fondo nella melassa. Cosa hanno arrangiato? Intanto il profilo ritmico del cantato: non “che confusiooone”, ma secco (anzi, quasi in anticipo sul beat) “che confusione”, asciugando i momenti più piacioni della scrittura originale. Poi il ritmo più in generale: con quella drum machine che batteva il woodblock e questo incastro tra un ritmo dritto e un ritmo sincopato, ho pensato subito a Enola Gay degli OMD, che ha un tempo molto più sostenuto e un’altra spinta, ma ci siamo capiti. Insomma, cose abbastanza piccole, ma geniali. A me piace la musica che fa così, anziché promettere mari e monti per poi servirti un piatto di niente.

Mara Sattei + Noemi, L’amour toujours (I’ll Fly Away)

Probabilmente la cover-manifesto di quest’edizione così legata alla dance, come dicevamo due giorni fa. L’amour toujours (inno italiano da rendere ufficiale, come dice questa petizione) è veramente un classico, e Mara - che ha sempre giocato con le sequenze e le tastiere - ci ha messo del suo. Bellissima la compresenza di due registri vocali così differenti, direi una cosa tra mezzosoprano e soprano Mara e il contralto drammatico di Noemi: è come prendere appunto le voci potenti e squillanti della house o dell’italo-dance, e affiancarle una voce più da darkwave/synthwave (non voglio addirittura azzardare il paragone con Annie Lennox, ma comunque il registro è quello). Insomma, apparentemente l’arrangiamento è meno importante, ma si fa sentire.

Colla Zio + Ditonellapiaga, Salirò

Anche qui è stato fatto relativamente poco alla traccia originale, anche l’interpretazione sporca dei Colla Zio - se vogliamo - è un omaggio all’originale sanremese di Silvestri, che nel 2002 non cantò in modo proprio infallibile, ecco. Una piccola modifica si sente sul finale “lontano… lontano… lontano”: anziché invitare l’orchestra a spegnersi, con il leggero diminuendo che usò Silvestri, qui i Colla Zio fanno tenere bene o male il volume, e quindi si ha un effetto come di disco inceppato. Un’altra piccolissima cosa: i cori dell’orchestra Rai al tempo non si degnarono di intonare il controcanto “come De Niro ma più piano”, al quale invece ieri è stata resa giustizia. E poi c’è Margherita in arte Ditonellapiaga, che si è divorata quel palco: voce in formissima, grande stile, verso la fine quando canta l’ultimo “solamente un puntino” tocca una nota bella alta e lo fa con un’emissione vocale perentorio, e poi scende lungo alcune note blues, insomma anziché “pompa”, dico “bomba”. E citiamo anche la coreografia, che riprende l’originale, ed è l’ennesima dimostrazione che i Colla Zio sono andati a Sanremo per divertirsi e divertirci: non bisogna per forza soffrire.

Levante + Renzo Rubino, Vivere

Però vanno bene anche le canzoni prese male, sull’orlo di farla finita, se dicono qualcosa di profondamente umano e originale. Vivere di Vasco Rossi ne è un esempio, ed è quasi incredibile come sia attuale 30 anni dopo. Ma canzoni così legate a suoni e produzioni del passato (un po’ alla Wish You Were Here) vanno assolutamente riprese, se vogliono dire qualcosa di attuale anche con la musica. E ieri Levante mi ha dato l’impressione di esserci riuscita: prima di tutto è entrata bene con il suo timbro e la sua estensione in quella melodia ripetuta e cantilenata - forse dovrebbe riconcentrarsi un po’ sul rock? - e in secondo luogo ha usato la voce come un’arma, e coraggiosamente, iniziando a cappella in un pezzo che proprio per la cantilena della strofa richiede un giro strumentale di introduzione. E poi mi sono piaciuti in ordine sparso: il muro di organi dopo il primo ritornello; la prima strofa un po’ Eleanor Rigby, tutta orchestrale; e infine e soprattutto quegli archi che negli spazi del canto della seconda strofa, che tiravano queste bordate forse riprendendo in parte quel che nell’originale faceva il basso. Bello, e tutto sommato in linea con il messaggio della canzone in gara, sull’accettazione della parte meno razionale di sé. Probabilmente unica cover di ieri ad avere questo stretto legame tematico con il brano in gara, insieme con quanto fatto da Madame e Via del campo.

Sethu + bnkr44, Charlie fa surf

Praticamente l’unica coreografia di ieri, o comunque l’unica fatta dagli artisti che fosse ben ponderata sul messaggio del brano. Nel teatro di prosa è tradizione (quasi un cliché) disporre i personaggi su una fila di sedie, con ciascun attore singolarmente rivolto alla platea, che parla come se di fianco a lui non ci fosse nessuno: quello che si vuole trasmettere, in questi casi, è l’idea che siamo soli, ma accomunati in questa solitudine; la moltitudine nella solitudine. Questa valenza è stata inserita nel brano grazie alla strofa originale, a mio parere la migliore strofa tra quelle scritte ad hoc (anche Lazza e Madame hanno scritto del materiale inedito): in questi versi cantati dai bnkr44 la metaforica inquadratura si stringe su un “Charlie” che non è più il giovane avversario del resto del mondo, uno scontro diretto che fa molto anni ‘90 e ‘00; negli anni ‘20 i ragazzini sono chiusi in casa - e il loro scomparire dal mondo ha altri contorni altrettanto inquietanti - e quindi sono nemici di cui si conosce poco, una minaccia ma non frontale. Conseguenza curiosa di questa riscrittura: “Charlie” risulta così ancora più simile ai Vietcong che restano imboscati prima di dare l’attacco, che sono una minaccia oscura e ignota e illeggibile, e - come sai sicuramente - la frase “Charlie fa surf” viene dal film Apocalypse Now, i Vietcong erano “Charlie”, cioè il nemico. 

Sicuramente le loro voci erano più incerte rispetto a quelle di altri concorrenti, ma sticazzi: anche perché musicalmente c’erano molte più idee rispetto ad altre prove. Come quella di riarrangiare il motivetto strumentale dell’intro dell’originale con i coretti “oh oh oh”: trovata molto sensata, vista la dimensione corale del momento. Sethu ormai ha deciso di rin-tananarsi all’ultimo posto, e forse a questo punto va bene così. Però c’è qualcosa che non va nel gusto della gente e dei colleghi, se pensano che proprio lui meriti l’ultimo posto.

Scelte giuste

Gianmaria + Manuel Agnelli, Quello che non c’è

A proposito di scelte giuste: questo duetto, che aveva qualcosa del rituale misterico, con Manuel e Gianmaria che si tengono per mano (e del resto, è proprio grazie ai misteri che si può vedere Quello che non c’è, e la chiudo qui prima che da allusione ai riti eleusini si passi direttamente agli alieni). Non c’è molto altro da aggiungere, se non che appunto è stata una scelta giustissima: la canzone degli Afterhours è un pezzone clamoroso che molti coetanei di Gianmaria probabilmente non conosceranno. Il che - almeno secondo i miei valori di vecchio ascoltatore - aumentano la fighezza di Gianmaria, e gli permettono anche di accreditarsi presso un pubblico più adulto senza proprio andare a ripescare la preistoria del rock - parliamo di 21 anni fa, non 50.

Paola & Chiara + Merk & Kremont, Medley Paola & Chiara 

Nella serata in cui tanti artisti hanno reso onore - molto umilmente - a sé stessi e alla propria Siae, l’unico medley sensato mi è parso quello di Paola & Chiara. Intanto perché con le produzioni di Merk & Kremont ha avuto più l’aspetto di un mash-up, che è poi l’unico modo in cui si salva il medley: non cantare una canzone dopo l’altra, come fosse un buffet di assaggini, ma cantarle una sopra l’altra, come fosse un trogolo musicale nel quale siamo invitati a sfamarci selvaggiamente. E poi son venute fuori le reference (scusa il termine) attraverso i campioni di canzoni internazionali di area disco/dance che sono state usate nella base, e nei coretti, e quindi abbiamo scoperto qualcosa di più sulla canzone in gara (non che fossero segreti): in ordine abbiamo sentito gli ABBA attraverso Madonna (la base sotto Festival), abbiamo sentito Kylie Minogue (i coretti appena prima di Viva el amor!), abbiamo sentito il giro di archi di I Will Survive (prima della veloce citazione di Amici come prima, inframezzata da altro Festival). Sicuramente non hanno cantato alla grandissima, e - scusate sorelle Iezzi, non voglio essere acido - sono state legnosette nei movimenti, tanto che all’inizio credevo stessero facendo line dancing. Comunque, il messaggio è forte e chiaro: ai gay non devi rompere le palle, perché altrimenti tornano da te con la potenza di mille Vamos a bailar. Momento Pride.

Quanti bei momenti…

Il duetto tra Colapesce Dimartino e Carla Bruni (loro in verità avrebbero voluto portare il coro del carcere di San Vittore, hanno detto, e questo dimostra quanto si trovino a livelli superiori rispetto agli altri). Dicevamo, ColaDimaCarla hanno fatto un clash di livelli di lettura pazzesco: Colapesce vestito come Domenico Modugno, Dimartino come il suo gemello cattivo, e attaccano questo pezzo che è l’inno delle gite in torpedone (come ha sempre detto Paolo Conte, che l’ha scritto). Nazionalpopolare al suo meglio, così come è nazionalpopolare chiamare il coro dell’Ariston e scendere tra i sedili un po’ Benigni e un po’ Domenica In. E in tutto questo, sul palco, una persona identificata dai più, almeno fino a una decina-quindicina d’anni fa, come il simbolo del radical chic e dello snobismo, che non si macchia con spettacoli popolari. Beh, oh, geniale.

Bellissimo momento anche Destinazione Paradiso con Gianluca Grignani e Arisa: delirio in senso buonissimo, perché tra un errore e l’altro, alla fine è emersa una verità di quel brano davvero spaventosa e magnifica, facendo avverare in forma sonora quella disperazione che il testo cerca di celare nelle sue immagini celestiali. L’artista secondo me è anche chi riesce a incanalare questi strani momenti casuali nei quali dice qualcosa, aprire varchi in spazi inesplorati del nostro essere, luoghi mistici che si trovano fra Woodstock e il karaoke di via Paolo Sarpi. O anche solo intrattenerci, con momenti GIFfabili come pochi. E hai detto poco.

Il male

Chi invece non ha comunicato alcun tipo di emozione o alchimia sono stati invece Shari e Salmo: a Zucchero e all’impulso sessuale di tante sue canzoni, è impossibile non credere; non dico che sia desiderabile, io sono sempre un po’ a disagio con certe sue canzoni, ma quella voglia, quel “trombiamo” lo senti, anche se magari non vorresti; ecco, Shari e Salmo invece sembravano una coppia di cantanti invitati al matrimonio di tua cugina. Non è che siano scarsi, è che la torta e il prosecco sono molto più interessanti.

Male anche l’autotune, e non parlo di chi lo ha usato in modo estetico, anche esagerato (bnkr44, IZI, ma soprattutto Fasma). Parlo di chi lo usa per mascherare i suoi errori di intonazione, o comunque per dare una spintarella alla voce: non è carino, tutto qui. Senza fare i bacchettoni, eh, ma poi andate a Eurovision e la gente vi dice “ma perché ha cantato peggio che a Sanremo?”. Eh indovina… all’ESC è vietato l’uso di software e strumenti che correggono l’intonazione.

Quota X Factor

Elodie con BigMama voleva rifare la Beyoncé di Don’t Hurt Yourself nel tour Lemonade, ma è venuta fuori più una cosa da X Factor, quello che in modo un po’ stronzo viene definito “vorrei ma non posso”. La fortuna è che Elo ci mette Elo, e quindi con il carisma la porta a casa alla grandissima. Ma in generale, se penso anche al salottino di Ariete e Sangiovanni nella deludente Centro di gravità permanente, ho avuto spesso la sensazione di vedere un talent show. Meh.

Vuoi vincere facile

Giorgia ed Elisa hanno fatto una cosa molto particolare: due visioni di pop che nel 2001 sembravano diametralmente opposte (una legata a una rivoluzione R&B ormai annacquata; l’altra a una visione sicuramente più britannica e “bianca”), e che invece non erano mai state davvero separate. O semplicemente avevano preso direzioni diverse, per poi rincontrarsi: nonostante l’autocelebrazione, che appunto non approviamo, e nonostante il ricorso allo stupido strumento del medley, qui le canzoni si sono incontrate in un modo inaspettato, dovuto appunto principalmente al modo in cui il carisma e il canto delle due artisti si è evoluto in questi venti e passa anni.

E comunque non è bastato a vincere (ho cannato completamente le previsioni), come non è bastato chiamare una superstar come Eros Ramazzotti o Biagio Antonacci.

Alla fine ha vinto “facile” colui che vincerà anche stasera, Marco Mengoni: la sua versione di Let It Be si inserisce in una lunga tradizione di arrangiamenti soul e gospel (Gladys Knight e Bill Withers, per fare giusto due esempi). Quindi, nonostante la bravura immensa sua e del Kingdom Choir che sparano cannonate con le corde vocali, non sono rimasto particolarmente impressionato dalla scelta del brano né dall’arrangiamento, che appunto aveva molti elementi già sentiti: forse solo l’inizio a cappella è nuovo, e non è poco se hai la canna di Marco (ieri in maglia metallica, con la m minuscola), ma speravo in qualcosa in più. Grandi vibrazioni da concerto gospel di Natale, ecco: di lusso, ma sempre Natale.

Insomma, Ultimo probabilmente sperava di sfondare la linea Maginot, e invece ha trovato un cazzutissimo concorrente che è sbarcato in trincea con il coltello tra i denti. Mengoni è tornato a Sanremo per vincere, e non si lascerà scappare l’occasione.

Qualche conclusione, dai, su

Come dicevo ieri, nel mio episodio poco scriptato e molto assonnato, gli equilibri finali di questa classifica mi sembrano un po’ troppo condizionati dalle fanbase: “se ci tieni tanto al tuo artista, votalo”, ho letto su Twitter, scritto da un fan di un artista che non menzionerò in questo momento. Bene, ma allora capiamoci: siamo in un territorio un po’ lontano dalla musica. La musica è a beneficio del pubblico e i fan sono una conseguenza naturale, certo. Ma fanbase e pubblico generalista sono due concetti che non vanno confusi. Peraltro mi fa sorridere quest’idea di andare a Sanremo per farsi conoscere dalle mamme e dai nonni, ma allo stesso tempo sbarcarci con le proprie truppe, per dimostrare di essere i più grossi e cazzuti. A questo proposito, Lazza (che fortunatamente ha un brano molto bello), forse ha capito che potrebbe se non proprio vincere (vince Mengoni), arrivare al secondo posto.

E qui secondo me si gioca un’altra partita, quella per cui Sanremo diventa il luogo in cui si testano le acque del proprio pubblico. Sono solo ascoltatori casuali, oppure no? Perché, il numero è enorme, e su questo non ci piove: Sirio di Lazza ha appena eguagliato il record di Vasco Rossi con 19 settimane non consecutive al numero 1 della FIMI. Ma la motivazione c’è? Hanno voglia di stare a casa a votare? Di seguire la competizione dentro un contenitore comunque antiquato, la TV? E poi, eventualmente, di comprarti i biglietti per tour su tour negli stadi? Lazza ha già fatto un passo dentro questa dimensione, Mr. Rain non saprei. Ovviamente Ultimo e Mengoni la conoscono bene, e sono quelli “da battere”, ma nulla vieta che la loro supremazia possa essere superata o uguagliata anche nel mondo reale: quello che televota, quello che viene ai concerti.

Ma eccoci qui, che parliamo della musica in questo modo bellico, poco fantasioso. Dopo 5 giorni, Sanremo fa questo effetto. Meno male che stasera finisce, e meno male che ci sono state belle canzoni e bei momenti da ricordare, quando la gara sarà finita.

Noi ci sentiamo domani per assegnare i nostri premi virtuali alle canzoni e agli interpreti migliori o che ci hanno stupito. E domani passiamo anche ad altro, con la playlist con le nuove uscite settimanali italiane - certo - ma anche internazionali. Questa parentesi sta per finire, tranquill*. 

Ciao Louder

0 Comments
Louder
Sanremo per chi non ha sbatti
Per celebrare la "settimana santa" del Festival di Sanremo ti racconterò ogni giorno - da martedì a domenica - quello che sta accadendo, come ci sembrano le canzoni, e perfino qualche polemica.